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E luce fu..
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E luce fu..

LA CENTRALE ELETTRICA SIPE

Le persone sono come le vetrate.
Scintillano e brillano quando c’è il sole, ma quando cala l’oscurità rivelano la loro bellezza solo se c’è una luce dentro.

(Elisabeth Kubler-Ross)

Un gioiello liberty industriale abbandonato, in un paesino carico di storia, sperduto in mezzo al nulla.

La storia di questo edificio ha radici lontane, più di un secolo fa con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915. All’epoca l’industria bellica nazionale constatò quasi subito il sottodimensionamento dei propri impianti rispetto a un brusco aumento delle commesse militari, problema a cui dovette porre rimedio velocemente.

In Val Bormida la Società Italiana Prodotti Esplodenti: già presente a Cengio dal 1882, con lo scoppio delle ostilità si mise alla ricerca di un nuovo sito in cui espandersi, individuando quello perfetto in un terreno abbastanza appartato di una tenuta agricola dei marchesi De Mari. Un luogo defilato ma in piano, provvisto di acqua (il Bormida di Spigno) e facilmente collegabile con la ferrovia Savona-Torino.

Del nuovo impianto, uno dei primi edifici costruiti, nonché il più appariscente fra i pochi rimasti dopo le massicce demolizioni dell’area nei primi anni Duemila, è senza dubbio la centrale elettrica (1916): si tratta infatti di un padiglione in calcestruzzo armato i cui esterni, in bilico fra l’esotico e l’Art Nouveau, in mancanza di documentazione specifica hanno a lungo avvalorato la possibile attribuzione del progetto a Gaetano Moretti, già autore della celeberrima centrale Taccani a Trezzo d’Adda.

Solo in anni relativamente recenti, per caso, dall’archivio dell’architetto Maurizio Mazzocchi emerse un faldone di progetti del padre Cesare, tra i quali risultava non solo la centrale ma una serie di altri interventi sempre in Val Bormida, sempre in quegli anni: non ultima, un’altra centrale, incompiuta, che avrebbe dovuto alimentare un’ulteriore espansione della SIPE in località Prasottano, rimasta però sulla carta a causa della fine della guerra.

Oggi questo edificio appare dimesso, in disparte, ma a chi si avvicina mostra ancora la sua antica bellezza, le decorazioni geometriche, il ferro battuto…

Dal 2016 l’edificio è vincolato dalla Soprintendenza ligure e i disegni di Mazzocchi – studiati da Alberto Manzini – sono conservati presso l’archivio del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (MART) e riprodotti presso il Ferrania Film Museum (Cairo Montenotte).

Un vero luogo del cuore: una centrale elettrica di memorie.

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