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San Martino
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UNA PICCOLA CHIESINA DIMENTICATA

Vorrei che si scrivessero i difetti dei santi e quanto essi hanno fatto per correggersi; ciò ci servirebbe assai più dei loro miracoli e delle loro estasi.

(Santa Bernadette Soubirous)

“Fare San Martino”, una frase che mi ricordo aver sentito un po’ di volte da piccola e che ho sempre trovato curiosa… Quanti di voi sanno cosa vuol dire?
Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole della pianura Padana “fare San Martino” significa “traslocare”.
L’origine risale a molti anni fa, quando l’anno lavorativo dei contadini terminava agli inizi di novembre, momento in cui i lavori nei campi erano conclusi e i contratti dei contadini scadevano. Nel caso in cui al contadino non veniva rinnovato il contratto per l’anno successivo, egli doveva lasciare la casa messa a disposizione dal padrone e spesso la data prescelta per il trasloco era l’11 novembre.

Proprio in concomitanza con l’estate di San Martino, un periodo per tradizione di tre giorni con temperature un po’ superiori alla media, legato alla leggenda del miracolo di questo santo o forse (secondo basi scientifiche) all’espansione dell’anticiclone dalla Spagna verso tutto il Mediterraneo

Martino nacque nel 316 nella provincia romana di Pannonia dove il padre serviva l’Impero come militare. Venne chiamato così in onore di Marte, il dio della guerra. Trascorse l’infanzia a Pavia e a 12 anni fu costretto ad abbracciare la carriera militare, in virtù della legge che obbligava tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell’esercito romano.

Nel rigido inverno del 335 d.C., in una sera di novembre, tornava cavalcando all’accampamento indossando un bel mantello, perché pioveva e faceva freddo, quando incontrò un vecchio infreddolito.

San Martino non aveva denaro. Allora si tolse il mantello e, sguainata la spada, lo tagliò in due. Mezzo lo diede al povero, e mezzo lo tenne per se. Quella notte San Martino sognò Gesù con il suo mantello. Il mattino dopo, accanto a se trovò il mantello intatto ed un sole d’oro splendeva in cielo, tiepido e confortante.

Era l’11 novembre, da allora, alcuni giorni di bel tempo tornano quasi sempre al principio di novembre: è l’estate di San Martino.

Dopo quell’episodio lascio l’esercito e si dedico alla religione fino a diventare vescovo a Tours in Francia

San Martino è il santo dei mendicanti e poveri; dei sarti, dei pellicciai, dei tessitori e dei commercianti di stoffe, dei conciatori di pelli, e lavoratori del cuoio; dei viandanti e viaggiatori; dei fuggitivi; dei sinistrati; dei vignaioli e vendemmiatori; dei pastori; dei soldati e dei cavalieri; degli armaioli; degli osti; dei ceramisti; dei bevitori e degli ubriaconi; degli animali domestici (oche e cavalli) e anche dei mariti traditi a cui però servirebbero sicuramente anche altri santi ad aiutarli.

La piccola chiesina che ho visitato era dedicata proprio a questo santo, una piccola pieve medioevale spersa tra le campagne, per raggiungerla si deve passare nel cortile di una fattoria e in mezzo ad un orto.

Sulla facciata è segnata la data del 1557, all’interno ci sono rimasti pochi dipinti tardo cinquecenteschi in pessimo stato, tra cui un San Martino Vescovo, ma i colori rosa e blu della volta sono ancora meravigliosi.

Le condizioni in cui versa però purtroppo sono davvero pessime e rischia di crollare da un momento all’altro.

Un altro pezzetto della nostra storia che sparirà a breve.

L’affresco di San Martino Vescovo

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