L’albergo delle Terme
L’albergo delle Terme

L’albergo delle Terme

Un albergo, mi disse, era una grande casa dove molta gente viveva, mangiava e dormiva, ma nessuno conosceva nessun altro.

Mi disse che questo descriveva molte famiglie del mondo di fuori.

(Chuck Palahniuk)

Il Grand Hotel di Milano

UN RACCONTO DI EMANUELE BELLA

Il brigadiere nascondeva a stento l’agitazione, sprofondato su di una poltrona imbottita nella piccola Hall del Grand’Hotel Milano. A un tratto si alzò e prese a passeggiare avanti e indietro, di fronte al monumentale bancone dell’accoglienza, ai piedi di quel grande scalone in marmo a cui indirizzava occhiate cariche di attesa. A un tratto vide in cima a esso un uomo in divisa da autista: porgeva la mano a una donna vestita di raso nero. Questa scendeva con passi misurati, prestando attenzione a non inciampare nella lunga gonna e utilizzando la mano libera per trattenerne il bordo inferiore. Il giovane carabiniere le si fece incontro con trasporto, ripassando mentalmente i convenevoli del caso. La donna lo vide e congedò l’autista con un cenno del capo. Poi fissò negli occhi del giovane i suoi occhi, neri e profondi come pozzi, sorridendogli mentre lui la fissava senza riuscire a proferire parola. Davanti al giovane carabiniere stava Eleonora Duse, la Divina, la donna del Vate per cui ogni uomo di quell’epoca avrebbe fatto qualsiasi sacrificio. Lo apostrofò con voce profonda: “ Voi dovete essere il brigadiere Malazzi. Scusate il ritardo. Mi ha trattenuto un sonno inatteso. Probabilmente la fatica per lo spettacolo di ieri sera si è riproposta, senza che io abbia avuto modo di avvedermene”. Il brigadiere improvvisò un baciamano pieno d’imbarazzo: “Sono qui per raccogliere ulteriori informazioni, relativamente alla vostra denunzia per il furto della spilla”. Non riusciva a togliere gli occhi dai suoi. Sentiva che la Duse gli stava esplorando l’anima e non riusciva a sottrarsi. Una donna all’apparenza così normale, gentile, sorridente, sprigionava un magnetismo sconcertante che avrebbe destabilizzato chiunque. L’attrice indirizzò lo sguardo verso la sala da pranzo, dove camerieri in livrea stavano ultimando di apparecchiare i tavoli per la cena. “ Ho già detto molto al vostro comandante. Sono tuttavia pronta a soddisfare ogni vostra curiosità, a patto che mi facciate compagnia a colazione”. Non era donna a cui si poteva dire di no. Il giovane militare poi era combattuto tra il desiderio di allontanarsi il più possibile da quella donna e la curiosità di conoscerla meglio. Prevalse il primo sentimento e le porse cortesemente il braccio, dirigendosi verso la grande sala con i 33 tavoli, uno per stanza, e due credenze gemelle al fondo, su cui facevano bella mostra di se due monumentali zuppiere. Giunti al tavolo ricordò che avrebbe dovuto aiutarla a sedersi e porgerle la sedia ma un sollecito cameriere lo tolse dall’imbarazzo. Così potè accomodarsi, mentre osservava con malcelato smarrimento, la quantità di posate che circondavano i piatti sui tre lati. La Duse dal canto suo seppe metterlo così a suo agio, passando da racconti sul proprio lavoro a domande sulla vita del carabiniere, sulle sue scelte e sulla famiglia che Malazzi faticò a non dimenticare il motivo per cui era lì. Sicuramente, al termine del pasto, l’attrice sapeva più della sua vita di quanto il brigadiere avesse approfondito il caso del furto.

Uscirono a braccetto attraverso la grande porta a vetri colorata per fumare una sigaretta in giardino e godere del fresco della sera. Le luci dell’albergo, attraversando i grandi vetri colorati, illuminavano il viso abbronzato dell’attrice di rosso, giallo, blu e verde. Fu lei a rompere il silenzio: ” Vedete, la spilla di cui lamento il furto, mi è stata donata da un uomo che ho molto amato”. La voce profonda tradì per un attimo l’emozione e il risentimento: ” Purtroppo quell’uomo ha anche vigliaccamente tradito la mia fiducia. Per questo non do al gioiello importanza né valore alcuno. E’ stato il vostro comandante, che era vicino a me quando probabilmente è stata sottratta la spilla, a insistere perché io ne segnalassi il furto. Mi rendo conto che è per lui argomento di grande imbarazzo”. Calcò il “per lui” con un sorriso così complice all’indirizzo del brigadiere, che questi fu costretto a soffocare una sincera risata. Continuò: ”In quel momento erano presenti la guardarobiera, il mio autista, il direttore dell’albergo e il vostro maresciallo. Tutti gli altri ospiti dell’Hotel erano seduti nel teatrino Vittoria dove avrei dovuto intrattenerli con una breve lettura. Accade spesso che la Direzione mi domandi d’intrattenere gli ospiti nel teatrino in cambio dell’accoglienza che giudico meravigliosa. Non c’è luogo che considero migliore di questo per rilassarmi in vista di un impegno importante su Milano”. Quando la guardarobiera ha preso in mano il cappotto ho notato che la spilla non era più al suo posto. L’ho fatto osservare e non si è più trovata in alcun modo. Tutto qui. Sarò felice di aiutarla e di ascoltare i risultati delle sue indagini giovanotto. Le uniche due persone per cui mi sento di mettere la mano sul fuoco sono la ragazza del guardaroba e il mio autista. E forse questo il mistero più grande”. Malazzi ringraziò delle precisazioni e stava per andarsene ma la donna lo trattenne e lo congedò soltanto dopo un paio d’ore. Il brigadiere si rese conto che la donna più venerata e desiderata del Paese, aveva il malcelato desiderio di parlare del più e del meno e di non restare subito sola.

Il giorno successivo il militare si recò subito a casa della guardarobiera. Era una ragazza giovane, vedova di guerra, con un bambino piccolo. Lavava e stirava i panni dell’albergo a casa, per accudire il piccolo e soltanto la sera si occupava del guardaroba. Quando lo vide la giovane gli corse incontro, asciugandosi nervosamente le mani nel grembiule e tenendo gli occhi bassi. Malazzi le si rivolse con grande gentilezza:” Buongiorno Martina, vi disturbo per sapere qualcosa in più sull’affaire della spilla”. La giovane vedova spiegò rapidamente com’erano andati i fatti: ” La Signora aveva un cappottino leggero perché è arrivata in auto e in ritardo. Gli ospiti erano già tutti in Teatro. Il suo autista le ha sfilato il cappotto e il direttore e il maresciallo che attendevano fumando e chiacchierando, si sono avvicinati. Aspettavo che l’autista mi porgesse l’abito e lo aveva appoggiato sull’avambraccio con la spilla bene in vista. Stava rispondendo qualcosa circa la strada percorsa, al maresciallo. Quando mi ha dato il cappotto la spilla non c’era più. Pensavamo fosse caduta. L’abbiamo cercata durante e dopo lo spettacolo in ogni dove. Il direttore ha fatto persino schiodare il pavimento. Nulla. Le giuro che più di questo non so”! Il brigadiere pensava di aver sentito ciò che serviva; prese qualche nota e tornò verso la caserma. Giunto davanti al bar sulla piazza pensò di sedersi un attimo per godersi un buon caffè. Mentre stava scorrendo rapidamente i titoli del giornale, vide la Guardarobiera imboccare frettolosamente il vicolo del monte di Pietà. Pagò e la rincorse, tenedosi a debita distanza. Giunta davanti alla porta del Banco di pegni, lei estrasse dalla borsetta un piccolo involucro di stoffa ed entrò. Il Brigadiere ebbe come un presentimento. Entrò anche lui nel Banco, di corsa, e gettò una mano sul bancone, spaventando la ragazza e il titolare che arretrò di alcuni passi. Guardando Martina negli occhi svolse il fazzoletto: c’era un piccolo orologio da donna in oro. La ragazza scoppiò a piangere:” E’ di mia mamma. Io e il bambino fatichiamo a vivere con il mio solo compenso e la pigione da pagare e …”. Malazzi non le consentì di proseguire. Le mise la mano su una spalla e sorrise a lei e al titolare del Banco con fare imbarazzato. Infine si avviò verso l’uscita. Il banchiere lo rincorse: ”Brigadiere! Aspetti. Martina mi ha raccontato tutto. Non posso per motivi di riservatezza farle dei nomi. Tuttavia le posso dire che uno degli uomini, presenti in quel momento, è cliente mio e di altri banchi perché molto appassionato di gioco d’azzardo”.  Malazzi aveva sentito raccontare in paese della passione per il gioco del direttore dell’albergo. Ringraziò e corse letteralmente verso il Grand Hotel.

Il Direttore era nella grande cucina a pianta centrale che ricordava ai cuochi le particolari esigenze di cibo di alcuni ospiti. Malazzi lo apostrofò decisamente:” Direttore mi può cortesemente seguire in giardino”? Questi si aggiustò il riporto e gli occhiali con due rapidi colpi di mano e lo rincorse all’esterno:” Brigadiere c’è qualche problema”?  Il carabiniere giocò a carte scoperte: ” Ho motivo di credere che lei sappia dov’è la spilla. Ho saputo della sua passione per il gioco d’azzardo e credo fermamente che lei sappia dov’è l’oggetto che cerchiamo”. Attendeva una reazione rabbiosa e invece l’anziano scoppio a ridere: ” Veda Brigadiere, lei è giovane e corre a facili conclusioni, che in parte rispondono a verità. Le dirò, e può verificare con facilità, che da alcuni mesi ho ereditato le sostanze di una zia e potrò finalmente pensare a una serena vecchiaia. Sto chiudendo i miei debiti, chiudendo i miei pegni e non rovinerò sicuramente quest’opportunità tornando al tavolo verde. Anche se la tentazione, sono sincero, è molto forte. Ma poi, secondo lei, anche se fossi alla disperazione, potrei pensare di derubare la Duse nel mio albergo di una spilla che ha un valore così limitato”? Malazzi era furente con se stesso. Perché non aveva preso informazioni prima? Il direttore dal canto suo, sorrise e gli strinse la mano senza alcun rancore.

Tornò in caserma e decise di raccontare i suoi errori al Maresciallo. Questi non parve adirarsi. Fu anzi piuttosto comprensivo, contrariamente a quanto era uso.

Restava l’autista. Decise di tornare dalla Divina per ascoltare anche lui.

La Duse stava provando nel teatrino. Si sedette in silenzio, completamente assorbito dalla recitazione. Quella che gemeva, gridava, fingeva di stracciarsi le vesti sul palco era Medea, non la famosa attrice. Non stava recitando. Sul palco c’era la protagonista della Tragedia. La Duse non era lì. Aveva sentito dire che assistere a un suo spettacolo fosse un’esperienza segnante. Non avrebbe mai comunque immaginato di provare ciò che stava vivendo in quel momento sulla propria pelle.

Alla fine applaudì istintivamente e con trasporto e la donna lo cercò nel buio della sala: “ Brigadiere! Che piacere. Che piacere avervi qui”. Malazzi faticava a trovare i complimenti da rivolgerle. L’attrice lo guardò sorridente e mitigò il suo trasporto prendendolo a braccetto e ponendogli la testa sulla spalla. Uscirono in giardino: ” Avete novità sulla vostra indagine immagino”.

Il brigadiere la invitò a sedersi sula panca di marmo: ” Si. Purtroppo ho sospettato prima di Martina e poi del direttore dell’albergo e invece ho commesso due gravi errori”. La Duse si alzò di scatto e gli si pose davanti:” Se non aveste mancato di fiducia a ciò che vi ho detto avreste risparmiato la mia povera Martine. Ha ben altri problemi”. Il Brigadiere chinò il capo e si scusò con voce profonda: ” Purtroppo devo fare il mio lavoro. E’ per questo che sono qui a domandarvi dove posso trovare il vostro autista. E’ l’unico sospettato rimasto e quindi il presunto colpevole”.

L’attrice emise un lungo sospiro: ” Sentite brigadiere. La vostra indagine finisce qui. Domattina verrò in caserma a ritirare la denuncia. So per certo che non è stato il mio autista perché è una delle pochissime persone di cui ho assoluta fiducia. Se per qualche motivo l’avesse presa lui sarei comunque contenta perché i servigi che mi ha reso sono ampiamente più grandi del valore dell’oggetto”. Malazzi restò a guardarla senza proferire parola: non riusciva a comprendere come una donna all’apparenza così normale, potesse essere così bella da sembrare effettivamente divina. “Ora brigadiere vi domando di accompagnarmi a prendere un gelato da buon amico”.

Malazzi dopo alcune ore tornò in caserma e raccontò tutto al maresciallo. Questi sembrò sollevato e si rassegnò facilmente a cancellare la denuncia. Tutto finì lì. Il giovane Brigadiere e la divina divennero buoni amici e si frequentarono sino alla vecchiaia. Malazzi ripensava spesso a quel suo primo caso in cui non aveva trovato un colpevole ma che gli aveva regalato quella straordinaria amicizia. Quando il Maresciallo morì circa vent’anni dopo, prese il suo posto. Un mattino era intento a guardare dalla finestra, verso l’edificio delle Terme, quando giunse proprio la figlia del Maresciallo: ” Buongiorno signorina, grazie per essere venuta a trovarmi”. La bella ragazza che aveva sposato il fornaio del paese, gli porse un pacchetto, una lettera e un cestino con delle profumate brioches croccanti: “Mio padre ha lasciato in un cassetto questo involucro per voi. Mi sono permessa di portarveli con qualche dolce di nostra produzione”.  Malazzi la ringraziò e la accompagno fin in fondo alle scale. Infine tornò su, distribuì le brioches ai collaboratori e poi, assaporando la sua, tornò in ufficio a ispezionare il pacchetto. Immaginate lo stupore quando svolgendo il piccolo involucro di carta da pacchi vide rotolare una spilla sulla scrivania. Sulla lettera stava scritto quanto segue: ” Gentile collega. E’ con grande vergogna e sentito rimorso che restituisco questa spilla che fu oggetto della vostra prima indagine. Unica, lo giuro sul mio onore, macchia sulla mia carriera, l’ho conservata per tutti questi anni. Ero perdutamente innamorato di Eleonora e non seppi resistere. Desideravo conservare un suo ricordo che me la facesse sentire vicina, sapendo che mai avrei potuto averla. Ora vi prego di restituirla. Imploro il suo e il vostro perdono per la mia manchevolezza. Implorerò di persona il perdono del Signore. Non trascurate mai nessuno nelle vostre indagini, neppure voi stesso”.

LA STORIA DELLE TERME

Nel millecinquecento Re Luigi di Francia , calato coi francesi alla conquista dell’Italia, diede il primo riconoscimento ufficiale a questo paesino allo sfruttamento delle fonti di acqua salina locali per scopi terapeutici, istituendo di fatto le prime terme in questa zona.

Nel 1938 poi il comune assunse anche la denominazione di “terme” in riconoscimento dell’ormai secolare attività termale che qui si svolgeva, supportata nel 1912 dalla fondazione del complesso idroterapico delle “Saline” sotto il patrocinio della vicina Università

Un commento

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