LA VILLA DEL PING PONG
A certi livelli, il tennistavolo diviene una pura meditazione senza parole.
(Guido Mina Di Sospiro)

Mentre cercavo spunti per questo articolo, mi sono imbattuta in un libro davvero speciale. Credevo esistessero libri su ogni argomento, idea o tema, ma non avevo mai immaginato qualcosa di così particolare.
Infatti mai avrei immaginato che potesse esistere un libro che tratta contemporaneamente di filosofia e di ping pong, due mondi apparentemente così distanti. E invece, sorprendentemente, esiste davvero un vero e proprio trattato filosofico che prende le mosse dai grandi pensatori dell’antichità come Platone e Aristotele, attraversa le riflessioni moderne di Carl Gustav Jung e Wittgenstein, e arriva fino agli insegnamenti della filosofia orientale, spaziando dal Taoismo fino allo Zen.
In questo libro la storia si sviluppa su tre livelli intrecciati: una parte tecnica che spiega tecniche, stili, effetti, attrezzature e regole; una parte narrativa che segue l’autore dal primo approccio al ping pong fino alla passione, ai tornei e al viaggio in Cina, dove vince una memorabile partita contro un giocatore locale; infine un livello filosofico con riflessioni profonde per il lettore.
L’autore, un certo Guido Mina, teorizza che i giocatori di tennistavolo si dividono in due categorie: i metafisici e gli empiristi. I metafisici sono quelli che giocano con gomme lisce, cercando il gesto perfetto, utilizzando colpi spettacolari e attaccando con passione: per loro il ping pong è arte. Gli empiristi, invece, giocano solo per vincere a tutti i costi, magari usando gomme con puntini lunghi; come nel mito della caverna di Platone, non credono in un mondo superiore verso cui tendere, imprigionati nelle loro false credenze, senza evolversi.
Un’altra caratteristica profonda del ping pong è l’umiltà. Anche i giocatori più abili non diventano mai superbi o presuntuosi, a differenza di molti sport “importanti”. Il tennistavolo è uno sport duro, che richiede tanto allenamento prima di riuscire, e proprio per questo mantiene l’umiltà di chi parte da zero. Da tutto questo si capisce che il tennis da tavolo è davvero uno sport speciale.
“Se non fosse paradossale, non sarebbe tennistavolo”, scrive Guido Mina. È un gesto non euclideo, ricco di effetti imprevedibili, i famosi spin, che seguono leggi fisiche complesse. Il ping pong arriva a spiegare anche la teoria del caos. Diventa arte quando si esercita fino a controllare ogni pallina. È un’arte zen, come il tiro con l’arco.
Perché nessuno ci aveva mai pensato prima in modo così chiaro e profondo? Nel libro La metafisica del ping-pong, Guido Mina spiega con grande maestria che vincere non rappresenta la cosa più importante nel gioco del tennistavolo. Al primo posto viene lo stile, la bellezza del colpo, la “forma” in sé. Quando la forma è perfetta, solo allora il colpo diventa anche vincente e permette di fare punto, ma questo è considerato un risultato secondario e non l’obiettivo principale. La situazione cambia completamente per il giocatore empirista, che invece gioca esclusivamente per vincere a tutti i costi, utilizzando non la tecnica raffinata che si trasforma in arte, ma una controtecnica più pragmatica e meno estetica.
Un altro aspetto molto interessante che fa riflettere profondamente sul mondo del ping pong riguarda l’età degli atleti che partecipano a questo sport: infatti, in questa disciplina sportiva si trovano spesso anche atleti cinquantenni e sessantenni che competono a livelli agonistici di altissimo livello. Per fare un esempio concreto, nella mia regione, il primo posto delle classifiche regionali è attualmente occupato proprio da un sessantenne. Questa situazione è piuttosto rara e non si verifica praticamente in nessun altro sport. Tutto ciò rappresenta un chiaro segnale che, nel ping pong, contano moltissimo anche l’esperienza maturata nel tempo e l’intelligenza tattica, non solo le doti puramente atletiche e fisiche.
Secondo Guido Mina, la conoscenza e la perseveranza valgono il 70%, la prestazione sportiva solo il 30%. Il ping pong è uno sport per tutti, ma richiede costanza, passo dopo passo, gesto dopo gesto. Solo nella ripetizione maniacale dei colpi si raggiunge la “forma” perfetta.
E se praticato con costanza e dedizione, diventa una vera e propria meditazione pura, capace di portare calma e concentrazione profonda. Si può giocare con piena presenza mentale, vivendo intensamente ogni singolo attimo del colpo sulla pallina, proprio come accade nel camminare consapevolmente, che si vive passo dopo passo, respiro dopo respiro, attimo dopo attimo. Non è affatto un semplice passatempo estivo da spiaggia o una distrazione da parrocchia…
Questa è la storia di un gioco che rappresenta molto più di un semplice sport: è una vera e propria filosofia di vita, un modo di essere e di percepire il mondo che ci circonda.

Se volete provare a giocare: Regole ufficiali del Ping Pong come dettato dalla Federazione Olimpica








































